Gli articoli dei lettori
Ambiente tra immaginario e realtà
Quando si affronta il tema “ambiente” ci si imbatte spesso in argomentazioni insolite
Le pale eoliche, ad esempio. C’è un partito nettamente favorevole ad esse (il vento è una energia rinnovabile) e un altro tenacemente contrario (deturpano il paesaggio tutelato dall’art. 9 della Costituzione). Nel partito contrario si trova Italia Nostra, ma anche Aldo Forbice, conduttore di Zapping, nuclearista convinto e nemico acerrimo delle pale eoliche.
Riesco a capire Italia Nostra, contraria sia alla pale eoliche sia alla costruzione di alberghi sulle spiagge, ma un nuclearista no. Le pale eoliche disturbano la skyline del paesaggio e le torri di una centrale atomica lo abbelliscono?
Nel paesaggio della Provenza, (giusto di là dal nostro confine) le torri di una centrale atomica non mi sono sembrate più consone alla curve aspre delle Alpi Marittime di una scheletrica pala eolica.
Ho pensato a questo “strabismo” culturale in un caldo pomeriggio di questa estate, mentre, risalendo la Fondovalle Savena, ho visto stagliarsi, sul crinale della montagna il biancore delle pale eoliche.
Per associazione di idee mi sono tornate in mente gli altissimi piloni (quasi quanto l’Asinelli) delle pale eoliche di Danimarca; avevano pale mostruosamente lunghe, che frusciavano con ritmo costante coprendo il sibilo del vento del mare del Nord in una giornata grigia. E si stendevano a decine e decine, nel giro d’orizzonte dello sguardo. Suggestive, ed anche un po’ letterarie.
Quanta letteratura su fa sul paesaggio!
Chi non ha in mente i mulini a vento olandesi? Ce li immaginiamo con una forma a campana, bianchissimi, le pale colorate, porte e finestre: una casa diversa dalle solite tipologie Ed è così che in un qualunque negozio di souvenir dell’Olanda li troviamo, di misura e dimensione diverse, fatti di legno, di gesso, di plastica. Sono il simbolo turistico dell’Olanda, insieme agli zoccoli di legno. Nel nostro immaginario Olanda, mulini e zoccoli coincidono.
Poi lo vedi, un mulino VERO: uno “scatolone“ di legno scuro a forma di parallelepipedo, che lascia scoperto una paio di metri verso il suolo, da cui si intravede un pilone, le pale ricoperte da un tessuto bianco-sporco. Niente finestre, niente porta.
Ma un mulino a vento cosa è? E per quale accidente di motivo gli abitanti dei Paesi Bassi (questo è il nome ufficiale dell’Olanda) li costruirono?
Il mulino a vento è una macchina, che trasforma l’energia del vento in forza motrice, una pala eolica vecchia di qualche secolo, insomma.
Gli abitanti dei Paesi Bassi, a partire dal Seicento, applicarono questa forza a pompe idrauliche per togliere l’acqua dalle zone costiere paludose e riversarle in canali sopraelevati che portavano questa acqua al mare. I mulini a vento sono serviti a questo fino alla fine dell’Ottocento, quando furono sostituiti dalle idrovore; buona parte del 25% del territorio attuale è “figlio” dei mulini che facevano funzionare le pompe idrauliche. Ed è per questo che qualunque mulino a vento olandese è un monumento nazionale; c’è perfino una festa nazionale dedicata ai mulini a vento, nei Paesi Bassi. Che bassi, lo sono davvero: Vicino a Rotterdam c’è un “polder” (zona prosciugata) che si trova a -6,70 metri sotto il livello del mare: Vicino al più grande porto d’Europa!
A una decina di chilometri da Rotterdam, c’è in parco museale, il Kinderijk: vi si ammirano 19 delle decine e decine di mulini a vento che nella prima metà del Settecento, bonificarono il terreno attorno a Rotterdam:, è una zona paludosa, sotto il livello del mare, ovviamente, conservata per fare vedere “come era una volta”, con tanto di percorsi guidati e cartelli esplicativi in più lingue. Alcuni sono abitati e tenuti in ordine con una cura che fa tenerezza. Una volta al mese tutti i mulini, abitati o no, sono nessi in funzione, per non fare deteriorare i meccanismi.
Adesso fa molto oasi del WWF; ma basta poco per immaginarsi la fame, il freddo, le fatiche degli abitanti di tre secoli fa: basta una giornata di pioggia. Quei mulini, così poco estetici, davano la speranza di un pezzo di terreno in più da coltivare agli uomini e alle donne che svangavano la vita contro la palude.
E un pensiero un po’ carogna si insinua nella mente:se, ad inizio Settecento, qualche colto borghese olandese (ce ne erano, ce ne erano…più che in Italia) avesse sostenuto che quelle pale eoliche, pardon, mulini a vento, erano antiestetici, che turbavano lo skyline del piatto paesaggio, così tipicamente unico di quella che allora si chiamava Repubblica delle Province Unite? Oggi, Rotterdam, sarebbe il primo porto d’Europa?