Gli articoli dei lettori

Buon compleanno, Italia!

Il prossimo 2 giugno è il sessantatreesimo compleanno della Repubblica Italiana.

Compleanno poco sentito, dalla maggioranza degli italiani. Va già grassa se ci si ricorda che, il 2 giugno del 1946, un referendum istituzionale stabilì che l’Italia diventasse una repubblica; i più bravini aggiungeranno che si votò anche per l’Assemblea Costituente e che fu la prima volta delle donne al voto.
Il che non è esatto; perché le donne cominciarono a votare alle elezioni amministrative che si tennero, scaglionate per province, tra marzo e aprile 1946. Una specie di prova generale di elezioni, necessaria, perché gli italiani si erano dimenticati cosa fossero le elezioni con più partiti!.

A partire dal 1926, agli italiani era stato progressivamente sottratta la libertà di voto: prima con la cancellazione di tutti i partiti diversi dal Partito Nazionale Fascista, poi con l’abolizione di consigli comunali e provinciali eletti; successivamente le elezioni politiche si ridussero a scrivere Si o No su una sola ed unica lista di cognomi. Infine, nel 1939, era stata abolita la Camera dei Deputati (il Senato era sempre stato di nomina regia).

E’ cosa buona e giusta ricordare che alle elezioni del 1946 si arrivò dopo una guerra che aveva portato: sconfitte militari pesantissime (Africa, Russia, Grecia); massicci bombardamenti di città, fabbriche, vie di comunicazione; l’invasione del territorio nazionale; il tracollo del regime fascista; lo squagliamento della struttura militare e politica .(l’abbandono da parte dei vertici militari e politici, l’8 settembre 1943, delle forze armate e della capitale); la divisione del territorio in due parti, ognuna delle quali occupata da eserciti stranieri (tedesco, anglo-americano); la costituzione di due stati (il Regno del Sud e la Repubblica Sociale Italiana) formalmente indipendenti, ma di fatto sottoposti rispettivamente agli occupanti anglo-americano e tedesco; lo sviluppo di una resistenza (movimento armato con sostegno popolare) contro l’occupante tedesco e la Repubblica Sociale Italiana.

La Resistenza. Non ci fu su tutto il territorio italiano: Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise non hanno mai conosciuto bande partigiane, per il semplicissimo motivo che quelle regioni furono occupate (o liberate, se preferite) dagli anglo-americani tra inizio-luglio e fine-settembre 1943 (le truppe italiane in Sardegna, invece, sloggiarono i tedeschi senza aiutini altrui).

La Resistenza si manifestò nel territorio, che, dal 23 settembre 1943, fece parte formalmente della Repubblica Sociale Italiana, ma di fatto fu sottoposto al volere tedesco. Ma anche qui ci sono differenze: Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria, Toscana, Romagna furono liberate tra giugno e tardo autunno 1944, mentre le regioni al di là degli Appennini e della linea Reno - Senio (Emilia, Lombardia, Liguria, Piemonte, Trentino, Veneto, Friuli) furono liberate solo tra il 10 aprile e il 2 maggio 1945 grazie a: 1) l’azione degli eserciti alleati (compreso il ricostituito regio esercito italiano) e bande partigiane, 2) la insurrezione proclamata dal Comitato di Liberazione Alta Italia. Insomma la resistenza durò più a lungo nelle regioni del nord.

Se si osservano i risultati del referendum istituzionale si nota che tutte le regioni del nord hanno visto l’affermazione della repubblica con percentuali decisamente alte (85%, 77%,69%,64%, 59%, 57% la più bassa). Tra le regioni occupate dai tedeschi tra autunno 1943 e autunno 1944, la repubblica prevalse con percentuali oltre il 70% in Toscana, Marche, Umbria; mentre prevalse la monarchia, di poco in Lazio, più nettamente in Abruzzo-Molise. Dove la monarchia prevalse con percentuali superiori al 60% fu nelle regioni meridionali (Basilicata 59,4%).

Questi dati, secondo me, spiegano l’affermazione che la Repubblica nasce dalla Resistenza.

Il “vento del nord” (così il socialista Nenni definì l’insieme di sentimenti e aspirazioni della resistenza armata e di larga parte delle popolazioni del nord Italia) sostenne la scelta repubblicana, identificando la repubblica con un futuro più equo, economicamente e politicamente E laddove guerra patriottica, guerra di classe e guerra civile avevano fatto scorrere più sangue, la repubblica vinse e in larga misura: anche in Piemonte (57%), considerato una roccaforte sabauda.

Quello che è meno noto è il percorso che portò al 2 giugno 1946.

Nel giugno 1944, poco dopo la liberazione di Roma, un decreto del Luogotenente del Regno, cioè l’erede al trono Umberto, aveva stabilito che, a guerra conclusa, si sarebbe dovuta eleggere una assemblea costituente per: a) scegliere la forma di stato, b) scrivere una nuova costituzione per l’Italia uscita dalla guerra. Insomma, il popolo non doveva decidere il proprio destino, nel Decreto Luogotenenziale del 1944, bensì scegliere coloro i quali avrebbero deciso per il popolo.

Ma, dopo la formazione del primo governo del democristiano De Gasperi nel dicembre 1945, si acuì ii dibattito (aspro e in parte contraddittorio), tra i leader dei partiti antifascisti che costituivano il Comitato di Liberazione Nazionale (costituitosi fin dal 1943) e che partecipavano al governo, su l’ipotesi di affidare la scelta istituzionale ad un referendum. Anche gli USA entrarono nel dibattito, facendo sapere di preferire un referendum istituzionale e quella opinione pesava, perché il governo del Regno d’Italia doveva rendere conto agli alleati.

Finì che il governo De Gasperi, il 27 febbraio 1946, decise che sarebbe stato un referendum popolare a stabilire se l’Italia del futuro dovesse essere una monarchia o una repubblica e, il 16 marzo 1946, un Decreto Luogotenenziale indisse il referendum contestualmente alle elezioni per l’Assemblea Costituente per il 2 giugno 1946.

Dal referendum istituzionale uscì la Repubblica e la Costituzione, uscita dall’Assemblea Costituente, fu la carta di identità della Repubblica.

Coerentemente, dunque, la Costituzione si apre proclamando che :”L’Italia è una repubblica democratica…” e si chiude affermando che “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.” Ovvio! Visto che l’Italia è una repubblica democratica! Insomma un dato di fatto come “Il limone è un agrume” . E poi: come si fa a “revisionare” una forma di stato uscita da un referendum, che è un atto di democrazia diretta? Solo con un altro atto di democrazia diretta, dice la logica e anche gli atti della Costituente.

E allora, cari residenti di Argelato, che avete scritto sulla vostra carta d’identità “cittadinanza italiana”, buon compleanno! perché essendo “cittadini italiani”, siamo di conseguenza “repubblicani” e il 2 giugno è la nostra festa di cittadini.

 
1 commento all'articolo.

Grazie Mariarosa per le preziose informazioni che un appassionato di storia come me legge sempre volentieri.

# 1 MarioCorticelli il 28 mag 2009 alle 22:46

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