Gli articoli dei lettori
La cultura dell’uomo solo al comando non ci appartiene
Tutti vogliamo la crescita del PD e tutti vogliamo che sia messo alla prova per altri cinque anni, e trascorsi questi, per successivi cinque anni ancora. Lo premetto perché lo penso veramente e perché voglio contribuire a farlo
Il mondo è andato avanti e noi siamo rimasti fermi. Abbiamo solo discusso di rifiuti. Non possiamo più permetterlo.
Il Partito Democratico è in grave difficoltà e molti ritengono che sia già giunto a naturale compimento un’esperienza che pure aveva suscitato tanto interesse e indotto molte attese. E noi discutiamo di porta a porta e di dimensioni dei cassonetti.
A Gaza si muore durante l’occupazione dei territori palestinesi. Occupazione militare che è stata attuata dall’esercito israeliano in risposta ai razzi lanciati su Israele dalla fazione di Hammas i quali erano stati lanciati in risposta ad altri razzi lanciati sui palestinesi i quali ultimi erano stati a loro volta ne hanno lanciati su Israele come controffensiva ai missili lanciati in precedenza. E così indietro nel tempo fino al 1948, a sessanta anni fa. A Gaza si muore e il nostro silenzio è brutto
In Italia è in atto uno dei più pericolosi attacchi allo stato sociale, sento parlare della volontà di modificare la Costituzione a colpi di maggioranza. Licenziamenti, disoccupazione e chiusura di fabbriche sono cronaca di tutti i giorni, la situazione economica è motivo di fortissima preoccupazione e noi da oltre un anno e mezzo parliamo solo di rifiuti
Dobbiamo ricordarci che si tratta del servizio di raccolta dei rifiuti nel territorio del Comune di Argelato, non stiamo parlando del trattato di Kyoto.
Tutto questo deve cessare. Non dobbiamo dimenticarci mai che il nostro compito è un altro. Il nostro impegno deve essere rivolto oltre al mondo locale, nel quale viviamo, anche al mondo generale nel quale pure viviamo.
Come tutti Voi anch’io voglio bene a questo Partito. Ho accompagnato nel tempo, a volte con grande sofferenza, il cambiamento che il Partito al quale ho aderito da giovane, il PCI, via via si è dato. Ho fatto del mio meglio perché questo processo di rinnovamento del Partito e della politica avvenisse nel migliore dei modi.
E ho fatto del mio meglio perché questo P.D. diventasse il nuovo e miglior strumento possibile per perseguire intenti antichi. Gli obiettivi che sono propri di una forza politica laica, progressista e di sinistra che pone alla base della propria stessa esistenza quello di contribuire a realizzare al più presto un mondo in cui pari dignità e diritti siano fatto quotidiano e consolidato.
Debbo tuttavia confessare che questo PD mi piace un meno di un anno fa.
Il P.C.I. alla cui esistenza è legata tanta parte della mia vicenda umana, è stato per me esempio di rigore e di serietà. Una vera e propria scuola di vita. Un partito che, fra le altre virtù, teneva in modo particolare dall’onestà morale e intellettuale dei propri rappresentanti, in particolare di quelli impegnati nelle istituzioni.
Ora sembra che non sia più così. Ora sembra un fatto tacitamente accettabile che si possa appartenere al PD ed essere inquisiti. Che la Giunta di Napoli non avverta l’esigenza di fare pulizia e di apportare un cambiamenti radicale.
Ora sembra normale accettare il presupposto che il Sindaco di Napoli ed il Presidente della Regione Bassolino si dichiarino in nessun modo corresponsabili della situazione drammatica in cui versano la città capoluogo e la regione Campania. Questo non è davvero credibile e soprattutto non è politicamente ammissibile.
Ora sembra nomale che un saltimbanco della politica ma da sempre immutabile nell’ostinazione della ricerca di un incarico purchessia accetti i voti dello schieramento avverso pur di presiedere una commissione parlamentare e non intenda lasciare ora che ha occupato.
Questa gente deve andarsene dal PD. O meglio, questa gente non avrebbe mai dovuto entrare nel PD perché non ha nulla a che spartire con le finalità del PD. Noi siamo altro e ben diverso.
Non possiamo permettere che questi non abbiano la dignità e lo spessore politico per compiere un passo indietro, un gesto di alto profilo culturale e politico, un gesto che dimostri come esista ancora la bella politica.
La politica che vediamo e subiamo tutti i giorni va contrastata perché non si tratta di politica ma di negazione della politica che noi vogliamo.
Noi dobbiamo apparire diversi perché siamo diversi.
Va respinta la possibilità che il Sindaco di Pescara, al di là che sia colpevole o meno, possa rivestire il ruolo di sindaco di una grande città e contemporaneamente essere il capo regionale del partito. Questo significa solo asservire la città ed il partito alla persona fisica che li rappresenta. Non so voi ma a me questo non va bene!
Che la magistratura indaghi fino in fondo, ma al magistrato spetta solo il ruolo di spazzino sociale. Io, noi, già ora abbiamo tutti gli elementi per un giudizio politico. Non può avvenire tutto questo, non deve avvenire.
Non so voi ma io, semplice attivista PD e queste figure di dubbia onestà siamo incompatibili, non abbiamo nulla in comune, nulla da spartire.
Non c’è posto per noi due nel PD. Uno dei due deve andarsene e questi non debbo essere io. Non c’è posto per i corrotti all’interno del PD, il loro posto è altrove. Devono andarsene subito, e non ritornare più.
Ed i presunti innocenti, perché tali si deve essere considerati fino a sentenza definitiva, dimostrino che le istituzioni contano più dei singoli. Anzi, proprio separando le persone fisiche dal ruolo svolto all’interno delle istituzioni, è possibile professare la propria innocenza in modo credibile e pulito. Tutto il resto è sotterfugio, è casta, è privilegio. E’ anticamera della corruzione e del clientelismo. Mali questi che in Italia abbondano da sempre.
E non c’è posto per chi nel PD vede lo strumento per il proprio tornaconto individuale. Un conto è la competizione fra le idee di cui le persone sono portatrici, un conto è il ricorso a pratiche che conosciamo da sempre e che non dovranno mai più tornare in auge.
Ripeto, attorno alla questione morale noi non dobbiamo avere reticenze. Commetterei un errore imperdonabile se ciò venisse lasciato passare sotto silenzio.
Anche ad Argelato vedo segnali che non mi piacciono. Candidarsi senza avvertire l’esigenza morale di informare preventivamente gli organismi direttivi del partito che si presiedono non è incompatibile con lo statuto ma è una caduta di stile. Sottoscrivere in prima persona la propria lista di presentazione della candidatura perché altrimenti non raggiungerebbe il numero minimo mi appare è un’altra una caduta di stile. Il problema che tutti dobbiamo perseguire è la vittoria del PD alle elezioni amministrative del 2009. Le vicende e le aspirazioni personali debbono cedere il passo.
Anche ad Argelato vedo segnali che non mi piacciono. Noi abbiamo dimenticato la pratica dell’ascolto e l’abbiamo sostituita con quella delle prescrizioni. Per un partito come il nostro, questa scelta che ci porta diritto al suicidio politico.
La piena consapevolezza che i nostri cittadini hanno di essere i detentori, loro, della facoltà di decidere delle scelte che li riguarda costituisce un patrimonio ideale irrinunciabile, un valore assoluto. Nessuno può sentirsi legittimato a sostituirlo con le decisioni, magari giuste, ma assunte da chi deve interpretare non disporre, deve rappresentare non sovrastare.
Io spero non venga mai il tempo nel quale i cittadini deleghino a terzi, ancorché eletti con voto segreto, quanto li riguarda. Sarebbe la morte di una Democrazia che è nata sulle macerie di una guerra mondiale.
In democrazia, ogni decisione va sottoposta in via preventiva al vaglio dei cittadini. Non è perdita di tempo, è crescita della proposta, è qualificazione ed arricchimento della stessa. Aggiungo, è condizione di attuazione serena e condivisa della decisione stessa. Su questo tema abbiamo più di un esempio negativo al quale fare riferimento, sia in ambito locale ( penso a Bologna nel 1999 ) che in ambito nazionale ( ci ricordiamo tutti quanto ci sia costata la decisione dell’indulto).
Un partito come il nostro non può vivere senza una costante applicazione del principio dell’ascolto. Ho detto dell’ascolto non della comunicazione. Sono due cose diverse. La prima è confronto, dialogo, arricchimento con il contributo che proviene dall’universo mondo, la seconda è informazione. Solo informazione, che va anche bene ma che vissuta e applicata fine a sé stessa, diventa solo comunicazione unidirezionale. L’ascolto va nelle due direzioni, la comunicazione dall’uno all’altro degli attori e purtroppo, e questo è stato il nostro caso, dall’alto di uno degli attori al basso di tutti gli altri.
Anche di fronte alla più nobile delle battaglie i Cittadini hanno il diritto di non capire se vengono estromessi dalle condivisione delle idee e, in democrazia, hanno anche la facoltà di punire. E’ ciò che è successo e ciò che non dovrà succedere mai più.
Guardate. Questo partito e uno di quelli che lo hanno preceduto e gli hanno dato vita ha avuto mille colpe e responsabilità. Forse anche più di mille e tutte riconducibili alle persone che li ha diretti e coordinati. Però mai accetterò la semplificazione greve e reiterata contro la quale non ho mai attivato, né attiverò, polemiche altrettanto preoccupanti. Non è vero che sono state abbandonate le persone e non è vero che ad esse non sia stato prestato aiuto, poi ciascuno di noi trae le considerazioni che ritiene essere le più convincenti ed esaustive. Altrimenti mi verrebbe da chiedere i nomi dei pellegrini che hanno attaccato manifesti e curato la distribuzione dei volantini.
Mai accetterò l’assunto che ad Argelato abbiamo subito la prima sconfitta elettorale dal 1948 a causa della mancata mobilitazione del partito perché altrimenti mi verrebbe da chiedere se si ritiene che le animosità e le contrarietà manifestate dai cittadini per un anno e mezzo siano state esacerbati dal PD o da uno dei partiti precedenti ovvero se non sia il caso di rivalutare la vecchia e obsoleta autocritica visto che, a quanto mi risulta, deve ancora nascere chi non commette errori.
Quindi ascolto, ascolto e ancora ascolto. Prima l’amministratore pubblico pensi, indaghi, conosca, cerchi, verifichi altrove. Poi sottoponga a tutti il risultato della propria ricerca e chieda integrazione e suggerimenti. Cioè arricchisca ulteriormente quanto già reso ricco dal suo pensiero e dalla sua ricerca. Poi decida. E magari decida anche con la consapevolezza che sconterà un iniziale dissenso destinato però, se la decisione è stata condivisa, a tramutarsi in consenso.
Un inciso. Qualunque sia la carenza il miglior modo per superarla è avere il fiato dei cittadini sul collo. Se questi ci stanno addosso siamo già a buon punto.
Questa deve essere la nostra politica di tutti i giorni. Competenza, conoscenza dei problemi e condivisione. Adesso con un brutto neologismo si dice “la nostra mission”. Con la bella politica nel cuore si dice “questa è la nostra missione”, il compito del nostro partito.
Molti mi chiedono di sottolineare le differenze di pensiero e di azione che farebbero la differenza di un mio eventuale comportamento rispetto a quello del sindaco attuale. Credo che quanto detto sopra costituisca una risposta importante anche se non esaustiva.
In ogni caso dobbiamo tutti fare attenzione. Questa amministrazione è la nostra amministrazione. Mai e poi mai dirò che nulla del suo operato mi appartiene perché mentirei sapendo di mentire e le elezioni primarie a candidato sindaco non costituiscono una ragione sufficiente a negare l’evidenza dei fatti.
Questa amministrazione ha ben operato in tanta parte del mandato, i servizi pubblici sono di alto livello e godono di un largo consenso, i servizi alla persona sono apprezzati, i luoghi del vivere collettivo utilizzati con piena soddisfazione dei fruitori.
Quindi da questo punto di vista nulla da cambiare ma solo tutto da migliorare ulteriormente. Poi sono presenti, ed è inevitabile, aspetti sui quali intervenire.
Un limite del Partito e dell’Amministrazione comunale ma anche dei tecnici che la compongono, un limite del dibattito complessivo in questi cinque anni lo identifico nella mancanza di progettualità. Mi spiego. Amministrare certo significa progettare e subito dopo realizzare servizi e opere pubbliche, ma significa anche e soprattutto pensare lontano nel tempo. Pensare in nome e per conto di 3 o 4 amministrazioni a venire. Pensare per i cittadini che avranno vent’anni nel 2030. Quelli che qualcuno chiamava “i pensieri lunghi”.
Cioè quelle idee alle quali nell’immediato nessuno presta attenzione perché appunto si parla del tempo che verrà ma che poi, fatte proprie dagli strumenti urbanistici ed attuate nel tempo secondo indirizzi programmatici di lungo respiro, sono destinate a modificare radicalmente la qualità della vita dei luoghi.
Esco dal generico pur senza avere la pretesa di indicare ora soluzioni per Argelato in quanto è indispensabile ben altra riflessione e tanti coinvolgimenti. Cosa sarebbe successo a Bologna e del suo centro storico se un urbanista di valore ed un amministratore lungimirante quale Cervellati non avesse pensato al recupero rigoroso degli edifici privati ed il Comune non avesse acquisito, con azione costante ma determinata, oltre 900 appartamenti dentro le mura.
Ricordo quegli anni perché li ho vissuti in prima persona. La cosiddetta “intellighenzia” bollava come velleitario e irrealizzabile il progetto e i costruttori accusavano di compiere scelte urbanistiche che comportavano oneri più elevati ( cioè demolire costava di meno che ristrutturare mantenendo la tipologia dell’immobile ). Risultato visibile già a distanza di soli 15 anni: i costruttori vendevano a 5 milioni al mq e il centro storico di Bologna con le sue peculiarità straordinarie salvato dalla speculazione.
Penso anche ad altri grandi progetti: la fiera che sembrava un’utopia e collocata lontana dal centro. Cosa sarebbe ora non solo Bologna ma anche la provincia senza la fiera.
Ad Argelato abbiamo questo vuoto di idee. Dobbiamo pensare lontano nel tempo. La Villa Beatrice e l’area circostante va pensata. E’ un’occasione straordinaria, il cuore nevralgico del centro abitato. L’attuale centro abitato di Argelato, il Comune non collegato alla piazza ( che non è una piazza ma uno slargo asfaltato ). Un pensiero sulla palazzina comunale che è un brutto intervento urbanistico ( un capannone industriale messo lì ad ostacolare l’identità e la fruizione di un edificio scolastico tutto sommato di pregio )
La via Centese che taglia il centro in due andrebbe ripensata per ricucire la municipalità con i luoghi di culto.
La dico per intero e sapendo di rischiare di sconvolgere qualcuno. Perché non si parla mai in Italia di demolire il costruito brutto, pubblico o privato che sia? Un pensiero lungo ed un indirizzo programmatico consente anche di lavorare sui problemi senza affanno e con risultati soddisfacenti.
Perché alla proprietà di un brutto edificio non dire una cosa semplice. Senti, lì io comune vorrei realizzare fra due sindaci un luogo di tutti e permettere che si vada dal Comune alla chiesa, o dalla chiesa al mercato, o dalla scuola materna al teatro senza correre il rischio di essere travolti. Collaboriamo insieme per addivenire ad una soluzione condivisa. Tu mi cedi la bruttura e poi la demolisco, io ti cedo un’area edificabile, tu non ci rimetti denaro nell’operazione la collettività guadagna qualità di vita, identità ideale e senso di appartenenza.
Ripeto; pensieri lunghi, pensieri di la da venire, per le generazioni che verranno alle quali tutti noi dobbiamo impegno e idealità. Noi dobbiamo sempre puntare alto e non permettere a nessuno di essere trascinati nel quotidiano. Anche se non tutto venisse conseguito perché possono intervenire variabili non prevedibili, comunque qualche cosa resterà.
Ho un ricordo personale. Ero in consiglio comunale quando questo deliberò l’acquisto dal Giovanni XXIII dell’area che circonda la villa beatrice. Aree edificabili nella nuova zona artigianale e, se ben ricordo, 1 miliardo e 400 milioni in denaro. Qualcuno disse che eravamo matti, una cifra spropositata rispetto al bisogno di verde ad Argelato. Io ricordo che invitai l’allora minoranza ad interrogarsi su quale sarebbe stato il pensiero dei futuri cittadini di Argelato se il comune avesse mancato ad una occasione che non si sarebbe mai più ripetuta. Votammo a maggioranza che allora era bulgara.
Mi chiedo e chiedo alle anime belle che ancora siedono sui banchi del consiglio comunale: cosa ne pensano ora? Abbiamo fatto bene o male ad agire così. Adesso abbiamo il dovere di decidere l’uso pubblico di quel terreno, ma non ci mordiamo le dita per non aver saputo decidere per il meglio.
Ripeto: pensieri lunghi. Pensieri di là da venire nel tempo. Pensieri per provvedere ai bisogni di chi non è ancora nato.
Anche qui. Lo dico senza menzogna o infingimenti consapevole che non siamo all’anno zero. Io vorrei luoghi più belli, curati, accoglienti. E’ persino ameno dirlo ma lo penso e lo vorrei veramente. Per fare ciò credo che il nostro comune pensiero corra subito al bilancio che per definizione è sempre carente, visto che non è mai esista l’epoca della disponibilità illimitata di risorse.
Penso quindi che si debbano percorrere anche altre strade oltre quella della gestione diretta dei beni e dei servizi comunali. Il nostro obiettivo deve essere la qualità e, subito dopo, la quantità dei servizi ai cittadini, non è importante la targa posta davanti alla sede del gestore del servizio stesso.
Non è il caso e non è un esempio pertinente alla nostra realtà, però abbiamo dovuto perdere il Comune di Bologna per fare nostra la cultura che si possono coinvolgere altri soggetti nella gestione dei servizi. Ciò che non si deve fare mai è delegare al mercato, dimenticare la socialità degli eventi, rinunciare alla scelta dell’indirizzo ed al controllo della gestione. In mezzo non c’è spazio per chi specula ma ci deve essere spazio per chi opera bene.
Ciò che vorrei è un piano di attività culturali che conferisca identità al territorio e senso di appartenenza ad una collettività aperta alle contaminazioni nella pratica quotidiana ma coesa nei principi. Le attività culturali sono sempre state, da tutti i governi e da tutte le maggioranze, le prime ad essere sacrificate sull’altare del “non ci sono i soldi”
Invece un’azione costante e ben programmata è come la scuola e la ricerca per il paese: un investimento per il futuro.
Io credo che esistano, sono certo che esistono, iniziative di ampio respiro che non necessariamente comportano oneri di entità non sostenibili e che concorrono ad elaborare pensieri nuovi.
Non è questa la sede per fare esempi e quindi occorrerà una riflessione collettiva da fare in altro momento. Mi limito a pensare agli straordinari testimoni del tempo che in epoca di pensiero berlusconiano vincente se ne stanno in disparte perché nei loro confronti vincono le veline televisive. Testimoni del tempo, belle persone che si sono trovate ad attraversare i momenti cruciali della storia e li hanno fermati nei loro ricordi e nei loro scritti. Persone ridotte al silenzio dalla barbarie della televisione ma disponibili a parlare del loro vissuto.
Ripeto. Occorre riparlarne e soluzioni giuste si troveranno. Ciò che conta è che mai venga sottovalutata l’esigenza della provocazione culturale, che mai si ritenga il nostro il migliore dei mondi possibili perché altri mondi posso insegnarci cose.
Domenica 25, a Funo e ad Argelato, vivremo per la prima volta l’esperienza della scelta del candidato sindaco attraverso lo strumento della consultazione diretta degli iscritti e dei votanti PD. E’ un fatto nuovo, al quale non siamo abituati ed al quale dovremo, secondo me, fare l’abitudine.
L’ascolto del corpo vivo del partito e la decisione di affidare ad esso la decisione della scelta sono un fatto di grande democrazia e un cambiamento culturale importante. E’ indispensabile che il numero dei votanti sia almeno uguale a quello che si è riscontrato in occasione dell’elezione diretta di Veltroni a Segretario nazionale del PD.
Non possiamo perdere il Comune dopo 60 anni durante i quali si sono succeduti amministratori comunali di alto profilo grazie ai quali abbiamo conseguito un livello di vita e di benessere di altissima qualità.
Non possiamo interrompere questa esperienza e questa storia. Il rischio questa volta è forte. domenica 25 votate in tanti e votate secondo coscienza. Scegliete il candidato che ritenete più adatto, quello che ritenete abbia dimostrato nei fatti coerenza politica ed impegno. Scegliete quello che ritenete il più adatto, il migliore. Io, al pari degli altri due candidati, metto a disposizione del nostro partito esperienze e volontà e vi chiedo una preferenza in tal senso.
Comunque vada io continuerò a dare attività al Partito Democratico e questo partito continuerà ad essere sempre il mio partito perché nessuno di noi può sentirsi legittimato a fare delle proprie aspirazioni mancate un argomento valido a giustificare la propria rinuncia.
Alberto Testi
Egregio Sig Testi, ci ha messo un pò ma alla fine anche Lei ha ceduto al fascino di internet, e devo dirle che lo ha fatto alla “grande”, niente polemiche, per ora tante parole “buone” e speriamo tanti fatti in futuro, anche a me il PD piace sempre meno, ho creduto nel PCI quando ancora lo guidava Berlinguer era un partito senza paura, però di fatto quel partito non “comandava” poi è storia più o meno recente, il bastone del comando fà gola a tutti e per forza di cose se vuoi raggiungere dei traguardi devi cedere qualcosa…..(troppo è stato ceduto e molti io compreso si sono allontanati a volte con qualche rimpianto perchè sostituiti da persone con ideali diversi ma avidi di potere) oggi a livello nazionale c’è troppa incertezza non esistono più degli ideali definiti ormai gli schieramenti si intersecano l’un l’altro pur di mantenere le “poltrone”….. purtroppo sono luoghi comuni. Ad Argelato è diverso non se deve fare un destra o sinistra, i programmi sono più veri e quindi più valutabili, alla luce di questo vediamo cosa ne viene fuori, di fatto parteciperò alle primarie perchè almeno qui “l’UOMO” ancora fà la differenza.
Ps ieri sera in teatro ero presente, se avessimo fatto uscire tutte le persone oltre i 40 anni, potevate fare una “briscola”, mi consenta, è triste vedere che dietro non frega niente a nessuno. saluti