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Una ciliegia di nome “guerra”

Se si comincia colle riflessioni, si va a finire come con le ciliege, che una tira l’altra. Io mi ritrovo, adesso, una ciliegia di nome “guerra” rimbalzante tra i neuroni

Chissà se davvero, come lessi anni fa, la guerra sta per diventare un tabù culturale, come avvenne per l’incesto e i sacrifici umani. Per adesso, ci tocca registrare che la guerra è una condizione in cui spesso si sono cacciati i gruppi umani Per una quantità di motivi: difendere il proprio territorio da invasori; affermare la propria indipendenza politica; salvaguardare la propria cultura; difendere le proprie proprietà… Insomma sono tante le motivazioni che hanno spinto gli esseri umani a massacrarsi tra di loro. Eh, già, perché “guerra” significa essenzialmente l’eliminazione fisica del maggior numero di coloro che consideriamo nemici Insomma “noi” (che ovviamente abbiamo ragione) che vogliamo sterminare “loro” (che ovviamente hanno torto). Va da sé che, “loro”, dal loro punto di vista, hanno ragione e “noi” torto…

Ma torniamo alle motivazioni. Si possono suddividere in due grandi gruppi: divergenze (chiamiamole così) tra due o più società o stati e divergenze dentro a una società o uno stato.

E, purtroppo in una guerra dentro uno stato o società, si raggiungono livelli di ferocia da paura. Un esempio di ciò è che accadde tra 1991 e 1995 di là dell’Adriatico, in quella che si chiamava Jugoslavia e dove ora ci sono sette (7) stati. Massacri di interi villaggi; gente che sparisce durante “trasferimenti” e poi dopo anni si trovano fosse comuni straripanti di cadaveri; le donne dei tuoi nemici tenute prigioniere e stuprate per mesi, fino a farle rimanere incinta, così mettono al mondo figli “nemici”; caccia a chi parla una lingua un po’ diversa dalla tua e prega in modo diverso,…”Pulizia etnica” l’hanno chiamata, anche l’omicidio del cognato o della nuora, colpevoli di avere sposato una persona appartenente a una religione diversa dalla sua.

Questo è una “guerra civile”, cioè quella che si combatte tra i cittadini di uno stesso stato, quando i cittadini non riconoscono più i legami di identità che fino allora li hanno fatti sentire parte della stessa società.

Oddio, la ex-Jugoslavia è un buon esempio anche per “guerra di religione”, sopratutto del fatto che spesso la religione è un’ottima scusa per celare altri motivi.

Come avvenne nell’Europa del ‘500, quando per svariati decenni, ufficialmente ci si scannò in nome di varianti diverse della stessa religione (cristiana). Cominciò la Germania a dare l’esempio ma dietro la religione c’erano corpose questioni di supremazia politica tra gli stati tedeschi. Eh, la Germania di inizio ‘500! Teatro anche di una “guerra di classe”, quella che i contadini provarono a combattere contro l’esosità dei proprietari delle terre che loro lavoravano. Poveri contadini crucchi! Pensarono che la nuova versione di cristianesimo di Lutero prevedesse una giustizia economica e mal gliene incolse, perché Lutero dichiarò giusta la loro repressione. Però, almeno, dopo un secolo e passa di guerre combattute in nome di Cristo, nelle quali si sono esercitate Impero Austriaco, Spagna, Francia, Svezia, Olanda e i soliti stati tedeschi, nel pensiero europeo si è fatta strada l’idea che non è il caso di ammazzarsi per idee religiose.

In compenso, dalle guerre napoleoniche in poi, ci si è sparacchiati addosso per concezioni divergenti di organizzazione politica e perfino di sistema economico, con un numero di morti ammazzati superiore alle cataste di cadaveri per cause religiose.

La fine della Jugoslavia è un buon esempio anche di cosa succede se i legami di identità sui quali si è costituito lo stato sono “deboli”: Come si formò la Jugoslavia? Al tavolo della “pace di Parigi” che concluse la prima guerra mondiale in modo talmente maldestro da preparare il terreno per la seconda guerra mondiale. Penso, ovviamente, ai nuovi stati usciti dalla fine degli imperi austriaco e turco; un festival di minoranze, linguistiche e culturali che non si ritrovarono più in stati “nazionali” e queste situazioni provocarono fantastici massacri, nel corso della seconda guerra mondiale, come pure agli “stati collage”, quali la Jugoslavia e la Cecoslovacchia.

Comunque dopo la seconda guerra mondiale il sangue tra cittadini di uno stesso stato ha continuato a scorrere in Europa: anche prima della Jugoslavia Ulster e Paesi baschi. Come li classifichiamo i molti lustri di attentati e omicidi politici irlandesi e spagnoli? “Guerra civile” o “terrorismo”? E già che ci siamo : gli anni italiani dalla strage di Milano del 1969 all’arresto degli ultimi capi storici della Brigate rosse nel 1985 possono essere definiti “guerra civile a basa intensità”?

Ma consoliamoci: anche fuori dall’Europa c’è un bell’elenco di “guerre civili”: Oppure sono “guerre di indipendenza”? Penso a quel che accadde nel continente americano, prima nelle colonie inglese del nord-America e poi in quelle spagnole del sud-America.

Che poi, a ben pensarci, quelle che chiamiamo “guerre di indipendenza” sono tali dal punto di vista dei ribelli: ad esempio quella che in Italia chiamiamo “prima guerra di indipendenza” cos’è vista con gli occhi di Vienna? Una guerra civile (la ribellione del Lombardo -Veneto al potere centrale di Vienna) sostenuta da un nemico esterno, cioè il Regno di Sardegna.

Invece è abbastanza chiaro come si può definire la guerra che si combatte quando un esercito di un altro stato invade il territorio nazionale: “guerra difensiva” o “guerra patriottica”: A me piace la definizione “guerra patriottica” perché rinvia a quella parola, “patria”, che indica il legame tra un popolo e il territorio sul quale il popolo vive. E quando, come talora accade, cittadini “normali” si uniscono o fiancheggiano l’esercito nazionale per contrastare l’esercito invasore, penso proprio che la definizione corretta sia “guerra patriottica”.

Poi ci sono le “guerre di conquista”, che in genere hanno come motivazione autentica quella economica, ma che ben raramente vengono proposte come “guerre economiche”. Ad esempio, gli stati europei che si spartirono a suon di spedizioni militati Africa ed un bel pezzo di Asia, nel secolo XIX, lo facevano, a sentire loro, per portare la superiore civiltà europea a popoli arretrati culturalmente. Oppure, come fece il Giappone a partire dagli anni trenta del secolo scorso, per liberare i popoli fratelli dal dominatore bianco. Solo gli inglesi, a metà del secolo XIX, ebbero la franchezza di dichiarare guerra alla Cina in nome del “libero scambio”; che poi l’oggetto del libero scambio fosse l’oppio, suvvia, è un particolare irrilevante, rispetto al principio! O no?

 
1 commento all'articolo.

Ottima Mariarosa. Sei la nostra inviata di punta
Invito Enea a scrivere di questo argomento, lui la guerra nella ex-jugoslavia l’ha vista da vicino.

# 1 max il 17 mag 2009 alle 17:50

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